Il Rione dei Raggiri è un fantasy storico di Enzo de Simone per Acheron Books, ambientato nella Napoli del ‘600.

Nello è un mariuolo che si arrangia come può per campare. Assieme a un gruppo strampalato di creature magiche, comandate da Giambattista Basile, viene incaricato di una missione impossibile: salvare Napoli dai cinque terrori che la minacciano.

Questo romanzo mi ha stupito per il worldbuilding estremamente focalizzato su un unico fattore, e cioè la napoletanità. Tutti i dettagli, trama, location, sistema magico, dialetto napoletano, personaggi, e finanche l’arco narrativo del protagonista sono legati a doppio filo con l’ambientazione napoletana.
La trama è anche ancorata al periodo storico del vicereame spagnolo, con i napoletani ridotti alla fame per le tasse. La voglia di rivalsa contro gli spagnoli è uno dei motori della vicenda.
Nello è combattuto tra due sentimenti opposti, l’egoismo che deriva dalla miseria e che lo porta a fregare il prossimo, e la generosità ed empatia verso la gente del rione. Lo trovo un conflitto tipico dello spirito napoletano, in cui troppa furbizia può diventare pericolosa, ma in cui c’è sempre accoglienza e condivisione.

Ho apprezzato anche il ruolo dei personaggi femminili minori. In alcune ambientazioni sembra che abbiano fatto fuori le donne con il napalm, mentre invece viene mostrato il rione con personaggi sia maschili che femminili caratteristici, dalla locandiera alla zia che leva il malocchio.
Un personaggio è definito “rattuso” (maniaco) e alcuni malvagi lo sono, ma nei fatti nessuno compie molestie sessuali, cosa anche questa non scontata.
Le bruttezze che vengono mostrate sono quelle vere e cioè la sporcizia, la miseria, i bambini morti di fame e la delinquenza come unico modo per campare. Consiglio il libro a chi come me non ama la violenza fine a se stessa, anche perché nonostante tutte le disgrazie del rione il tono si mantiene sempre comico e scanzonato.

I protagonisti, attraverso dei cornetti rossi portafortuna e la pronuncia di una frase chiave, riescono a trasformarsi in creature del folklore napoletano. L’insieme amuleto più invocazione mi ha ricordato molto Sailor Moon. Ma la creatura in cui si trasformano è un riflesso della loro interiorità

In Nello convivono due spiriti, uno bianco e uno nero, espressione del conflitto interiore tra egoismo e generosità
M non ha un carattere appariscente, ma la creatura in cui si trasforma emette luce, forse segno della sua interiorità che è molto più luminosa di quello che riesce a mostrare agli altri. E’ il personaggio con il potere più versatile.
Stefano è un nano “rattuso” che fa il pozzaio, la sua creatura deriva proprio dalle leggende intorno ai nani pozzai.
Nicola è siciliano e mezzo sarracino, molto legato al mare come la creatura in cui si trasforma.
Menzione speciale per la gattina nera maimun che diventa un gatto gigante, la mascotte che tutti vorremmo.
Con il coinvolgimento anche di San Gennaro e della sua famosa ampolla col sangue, il sistema magico mischia sacro e profano senza problemi, cosa molto napoletana

Lo stile è immersivo e scorrevole, tipico della acheron books, ma anche più di altri titoli. Le descrizioni delle location sono precise ma non appesantiscono l’azione. I capitoli in terza persona dal punto di vista di Nello sono intervallati da dei flashback dell’antagonista principale, che gradualmente ci fanno capire come ha scatenato il suo piano folle, nonché svelano il ruolo di Giambattista Basile nella vicenda, che per anni ha lavorato per scongiurare il piano.

L’inizio è pittoresco, con la presentazione del rione e la riunione di questo gruppo di pazzoidi. La parte centrale, a mio avviso, è un po’ claustrofobica con tutti i viaggi sotto terra e sembra si tiri a campare (napolitan style) mentre sarebbe stato interessante vedere altre progressioni dei poteri di Nello. Il finale è spettacolare, a un certo punto l’autore decide di sparare tutti i botti che aveva in un doppio scontro, uno di livello epico (con uno scontro tra entità di quelli che non sapevi di volere) e uno invece di livello tragicomico. Al finale sono proprio morta dal ridere, ma mi è capitato di ridere un sacco in vari punti del romanzo, soprattutto per i modi di dire e le espressioni in dialetto.

Le citazioni napoletane si sprecano, non faccio spoiler ma se pensate a personaggi famosi napoletani anche contemporanei, probabilmente in qualche modo ce li ha ficcati. Nonché un crossover con un altro libro acheron che è proprio una chicca nerd. Tutte le 280 pagine sono un unico inno d’amore per Napoli, anche molto commovente per chi ama la città.