Oggi, per combattere il caldo, torniamo nella fredda madre Russia sotto metri di neve, in questo fantasy storico ambientato a San Pietroburgo durante la rivoluzione russa.
Titolo: Le campane di San Pietroburgo
Casa editrice : Words Edizioni
Genere: fantasy/storico/realismo magico
Autore: Jessica Marchionne
Recensione
I due racconti di questo libro, ambientati a San Pietroburgo durante la rivoluzione russa, contengono elementi fantasy, ma sono costruiti in modo da lasciare il dubbio se siano semplicemente suggestioni, coincidenze o sogni, per cui il libro potrebbe anche essere catalogato come “realismo magico”. Nella prima storia un ragazzo, Viktor, riceve in dono un diario che, a dire del fratello, è capace di realizzare tutto quello che vi viene scritto. Esprime il desiderio di diventare Zar. La sua vita precipita quando viene venduto dal padre a Gavril, un giornalista segnato dal lutto. Non si sa se ciò che segue sia dovuto alla “maledizione” del diario o siano semplici coincidenze.
Nella seconda vediamo la storia di Gavril, il suo dolore per la perdita della famiglia che lo porta quasi alla pazzia, e il suo strano rapporto con un orologio da taschino che si ferma quando succedono disgrazie e ticchetta invece in periodi felici.
L’autrice è stata molto brava a esprimere sentimenti scomodi, quali malinconia, tristezza, lutto e senso di abbandono. Viktor abbandonato dalla famiglia senza nessun motivo valido è un po’ l’incubo di ogni bambino che ci portiamo dentro anche in età adulta, quando ci ritroviamo allontanati o messi da parte da qualcuno spesso senza nessuna ragione. Gavrill che impazzisce per il lutto e spacca tutti i suoi orologi è qualcosa che abbiamo provato tutti prima o poi quando abbiamo sentito di aver toccato il fondo.
Ho molto apprezzato il messaggio che c’è dietro al libro che non è un semplice “bisogna credere nella magia” ma è “la vita ci riserva sempre qualche disgrazia, sta a noi cogliere la magia nella vita di tutti i giorni anche nei momenti peggiori”. Questo tema è presente in entrambe le storie ma trova la massima espressione nella figura del venditore di rose del primo racconto, che invita il protagonista a credere nella magia e soprattutto ad apprezzare i momenti belli così come vengono che non diventano meno belli anche se poi hanno una fine.
Dal punto di vista stilistico, dopo un inizio faticoso il libro si presenta molto scorrevole da leggere. La prima parte forse necessitava di maggiore approfondimento per dare più credibilità alle azioni della controrivoluzione di Viktor. La seconda storia mi appare più matura, mantiene una terza persona più immersiva, anche se in un paio di occasioni il punto di vista è deviato su un altro personaggio.
Attraverso gli eventi di fantasia, c’è anche una critica al periodo storico, che vede l’ascesa prima di Lenin e poi di Stalin accompagnata da un bagno di sangue. I due personaggi principali danno il loro punto di vista sulla vicenda storica che possiamo condividere o meno ma che è coerente con i due personaggi. Viktor è un ragazzo di una famiglia agiata che ha perso tutto per colpa della rivoluzione, per cui coltiva la nostalgia del periodo zarista, un periodo che per lui era positivo ma sicuramente non per il resto della popolazione. Più condivisibile ho invece trovato il punto di vista di Gavril, che all’inizio ha appoggiato la rivoluzione per liberarsi di uno zar che aveva ridotto la popolazione allo stremo, ma poi si è voluto distaccare dalla deriva sanguinaria e dittatoriale.
E voi, credete nella magia del quotidiano?