Oggi parliamo di un genere ancora mai trattato da questo blog e cioè l’autobiografia. Dario Mondini ci racconta di sè con “Nuove storie di un perdente di successo” per Intrecci edizioni, seguito di “Diario di un perdente di successo”.
L’autobiografia è un genere difficile perché, diciamocelo, la nostra vita di tutti i giorni non è che sia così interessante. Spesso si tratta di testi autocelebrativi, noiosi oppure poco credibili. Dario è riuscito a schivare questi problemi semplicemente facendo una cernita del suo vissuto e prendendo episodi che hanno un tema comune: la sconfitta.
Due di picche come se piovessero, incidenti in viaggio, squadre del cuore fallimentari e tornei di ping pong in cui riesce ad affossare anche i compagni migliori: tutti episodi che risultano molto divertenti e scorrevoli da leggere. Consiglierei solo all’autore di approfondire le descrizioni di personaggi e luoghi, per permettere a chi non li conosce di visualizzarli meglio.
Mi sono ritrovata a riflettere su cosa sia veramente un perdente e cosa significa “perdere”. Come si può essere un perdente di successo come Dario?
Io personalmente ho un brutto rapporto con la competizione, non riuscirei mai a gestire rifiuti quasi scontati o a giocare in uno sport in cui non riesco a eccellere. Invece forse Dario ci fa capire il valore della sconfitta. Che gusto c’è a tifare la Juventus quando puoi tifare il Pisa? Non ti aspetti che vinca e quindi quando lo fa c’è grande festa.
Sì, la serata in discoteca è finita con l’evacuazione di massa, ma così ha una storia in più da raccontare.
E su tutti, il ping pong è l’esempio migliore: Dario perde (quasi) sempre, ma a ogni torneo si ritrova con un amico in più con cui condividere questo sport. Questo è quello che fa di lui un perdente di successo, i tanti amici che lo accompagnano per le varie avventure in giro per l’Italia.
Su tutti ricordiamo Marco, un amico che purtroppo è scomparso e viene celebrato in un capitolo a lui dedicato. Ho pianto molto.
Qualcuno ha detto che essere citati in un libro è come non morire mai.
Allora io ci provo, Marco, a mettere in luce la bella persona che eri.
Scrivere di se stessi non è facile, ammettere la sconfitta nella propria vita e anzi abbracciarla ancora meno. Consiglio questo libro sia per riflettere su noi stessi, sia per chi voglia trovare tra le pagine un nuovo amico, perché è questa la sensazione leggendolo. Al prossimo successo!