Oggi parliamo di un romanzo/biografia un po’ diverso dal solito. Ho veramente faticato a scrivere questa recensione perchè Rita Francese è mia zia e il ragazzo di cui si parla, Oreste, è mio cugino. Cerco comunque di raccontarvi le mie impressioni da lettrice.
Titolo: Anche la strega cattiva è buona
Autore: Rita Francese
Casa Editrice: Les Flaneur
Genere: narrativa/biografia
Link acquisto: les flaneur
Sinossi ufficiale:
Oreste è un ragazzo “speciale”. Vive in un mondo tutto suo, dove anche la strega cattiva è buona, Babbo Natale esiste davvero e per sempre, ogni persona è “bella” e tutto costa un euro. La sua mamma ce lo fa conoscere attraverso i loro dialoghi quotidiani, fulminanti scambi di battute di volta in volta surreali, teneri, pungenti… “filosofici” nel senso più ampio del termine. Tramite le loro voci, alternate ad aneddoti di vita vissuta, entriamo in punta di piedi nella loro esistenza, fatta di tanto amore, infinita pazienza, enorme coraggio e difficoltà inimmaginabili. Non un libro sull’autismo, ma un libro su ciò che Oreste è, nonostante l’autismo.
Recensione
Rita è un’insegnante universitaria, madre di due ragazzi ventenni. Le altre donne, in questo periodo della vita, hanno ormai dismesso il lavoro di cura e si preoccupano al massimo di aiutare i figli a trovare lavoro, o aspettano un nipotino in arrivo. Rita invece no, è “mamma per sempre” di un bambino per sempre, Oreste, autistico e con problemi comportamentali che richiedono assistenza continua.
Attraverso i capitoli di “Anche la strega cattiva è buona” vengono ripercorsi vari momenti della vita di Oreste e di Rita.
La storia di questa famiglia inizia come tante, con la scoperta di avere un bambino “diverso” e la difficoltà di accettare questa realtà. Oreste ha la sua personalità divertente e dolcissima, ma i suoi scatti di ira lo rendono problematico.
Appena Rita riesce a rendersi conto del problema, scopre che bisogna lottare ogni giorno per dei diritti che sarebbero scontati. Il diritto di avere un’istruzione adatta a lui, di partecipare alle gite scolastiche, di giocare a pallone con gli altri bambini. Poi, dopo la scuola dell’obbligo, lo stato si mostra completamente assente. Non ci sono centri in grado di prendersi cura di un ragazzo che ha bisogno di un assistente dedicato, accolgono solo i casi più semplici (della serie, ti piace vincere facile). Le famiglie diventano “famiglie autistiche”:chi ha soldi per pagare qualcuno va avanti, gli altri devono rinunciare al lavoro per dedicarsi ai ragazzi.
Come in tutte le storie ci sono vari personaggi che rendono la vita difficile a Oreste e sua madre. La cosa agghiacciante è che non sembrano persone cattive in sè, ma semplicemente noncuranti e indifferenti.
“La parte peggiore di avere una malattia mentale è che le persone si aspettano che ti comporti come se non l’avessi.” Questa frase tratta dall’ultimo film di Joker mi ha subito ricordato Oreste: la gente si aspetta da lui un comportamento da persona “normale” ed è infastidita se ciò non accade.
Chi si lamenta se Oreste crea confusione; chi ruba il posto in ascensore non capendo che significa per una madre dover attendere con un figlio iperattivo; i compagni di Oreste che non vogliono giocare a calcio con lui perchè non sa giocare e neanche lo avvertono se una partita non si fa.
Mi scrive una mia amica: «Hai storie sul bullismo da raccontare?».
«No. Ho solo storie di invisibilità».
Per essere bullizzati dobbiamo essere visti.
Però non mancano eroi inaspettati: chi regala una parola buona o un abbraccio improvviso; una maestra che si ricorda di Oreste dopo tanto tempo; un’infermiera che serve i pasti anche se non le spetterebbe. Ogni piccolo gesto può fare la differenza e tutti possiamo trasformarci in eroi per caso, se vogliamo.
Dal libro però traspare chiaramente che le famiglie con ragazzi autistici non vogliono la pietà della gente, vogliono semplicemente ciò che spetta loro e che le leggi garantiscono a parole ma non nei fatti. Inoltre madri e padri sono assillati dal pensiero costante del “dopo di noi”. Cosa succederà quando i genitori non ci saranno più? Chi si occuperà di loro?
Una volta mi hanno attaccata perché ho scritto che mio figlio Oreste è meraviglioso.
«Non c’è nulla di meraviglioso nell’autismo» mi dissero.
Lui non è “l’autismo”. Lui è meraviglioso, non l’autismo.
Anzi, è meraviglioso, nonostante l’autismo.
Questo dialogo forse è la frase chiave del libro. Perchè questo non è un libro sull’autismo, ma su Oreste, che non può essere definito solo per la sua malattia.
Tra un racconto di vita e l’altro, c’è l’intermezzo dei dialoghi divertenti tra il ragazzo e sua madre, spesso fatti alle 5 di mattina. Questi sketch rendono il testo più dinamico, con salti emotivi continui tra il sorriso e la tenerezza e i pezzi pieni di “Dolore con la D maiuscola” .
Isola deserta
Dialogo con Oreste.
Zio G: «Oreste, tu sei su un’isola deserta con la mamma e
un bel panino. Dai un po’ di panino alla mamma?».
Oreste: «No, è mio».
Zio G: «Ma se non le dai un po’ di panino, la mamma muore di fame. La mettiamo sopra o sotto il nonno?».
Oreste: «Glielo do un po’ di panino!».Libertà musicali
Dialogo con Oreste.
Rita canta a squarciagola.
Oreste: «Non devi cantare!».
Rita: «E tu non devi mangiare!».
Oreste: «E allora canta!».
Questi scambi di battute ci danno l’idea di come potrebbe essere la vita di una “famiglia autistica” SE lo stato garantisse assistenza e SE ci fosse un’assicurazione per il dopo di noi: dura ma anche ricca di affetto per questi “bambini per sempre” che amano incondizionatamente.